L’Isola di Alberto

Articolo pubblicato su PESCARE VIAGGIANDO INTORNO AL MONDO Dicembre 2011

Testo e fotografie di Marco Tortora ©

Holbox, Messico, Pesca, Spinning, Fishing, Beach, Yucatan

 

HOLBOX, Messico.

Questo viaggio è iniziato molto tempo prima di partire.

Non ricordo come siano andate esattamente le cose, né dove abbia trovato lo spunto iniziale che ha stuzzicato la mia fantasia.

So solo che già qualche anno fa, durante un altro viaggio nelle Florida Keys, mi ritrovai per le mani un biglietto aereo di sola andata per il Messico ma poi, causa uragano Dean, alla fine dirottai sul Kenya rimandando di molto questa nuova avventura.

Se poi aggiungete che le informazioni in merito a questo luogo scarseggiano tutt’ora, e che la mia sete di esplorazione trova tutto questo molto allettante, capirete come alla fine sia riuscito a incastrare una scappatella di una settimana su quest’isola misteriosa (ancora) poco conosciuta.

DSCN0755.JPGGirovagando in rete alla ricerca spasmodica di notizie in grado di alimentare la mia voglia di partire mi sono imbattuto in un report, con tanto di fotografie, di un italiano che, accompagnato da un tale Alberto – guida locale – era riuscito a prendere in un sol giorno tanti pesci da non crederci, senza contare quelli della sua fidanzata, anche lei appassionata lanciatrice di artificiali.

Di certo c’era solo questo: la mia ragazza che soffre il mal di mare e il nome della guida,  Alberto. Di lui, sapevo solo che attualmente lavorava in una tienda, un negozio di articoli non meglio precisati da qualche parte sull’isola, dopo essere stato in passato una guida di un’organizzazione del posto specializzata in flyfishing.

Un po’ poco non vi pare?

In realtà non ci ho messo tanto a trovarlo, diciamo che non saranno passate più di 4 ore dal nostro arrivo sull’isola, inclusi pranzo in spiaggia a base di gamberoni freschissimi e siesta pomeridiana anti Jet Lag.

Ho iniziato a chiedere in giro, e nonostante alcune informazioni sbagliate e ridicoli tentativi di depistaggio, alla fine mi sono ritrovato nel suo negozio come per magia.

Ero sicuro che l’avrei incontrato.

Alla fine ho scoperto che Alberto dirige un’attività commerciale diversificata: si definisce un imprenditore del turismo ecosostenibile, e il suo business spazia dalla gestione di un negozio di souvenir all’affitto delle golf car elettriche che scorrazzano sulle strade sabbiose dell’isola, passando per l’organizzazione delle escursioni in barca alla ricerca dello Squalo Balena, lo snorkeling, il commercio di argento, Tequila e Mezcal per finire con la pesca naturalmente, la sua vera passione.

Senza dimenticare la musica, della quale è un poliedrico estimatore, come si può evincere la Columbia 2.jpgsera ascoltandolo suonare con un piccolo gruppo di fronte al suo negozio.

E’ proprietario di 3 barche: 2 pangas  – le classiche barche locali, strette e lunghe – adatte per navigare nelle acque basse dei canali di mangrovie e di una terza più grande che utilizza per partecipare con la sua famiglia ai vari tornei di pesca che ogni anno si organizzano su e giù per lo Yucatan.

Prima di decidere se gli stavo simpatico o no, da buona guida tropicale ha ascoltato pazientemente  le mie esigenze, cercando di capire cosa volevo pescare e come.

Il mio obiettivo era uno scatto fotografico e via su un altro pesce, tranne che per il Tarpon e lo Snook non volevo perdere troppo tempo appresso una specie in particolare.

Credo di averlo colpito, perché la mattina seguente ero già in barca con lui, e con il senno di poi ho l’impressione che quella prima giornata sia stata una prova generale per sondare la mia pazienza ed esperienza.

Vento forte e pressione instabile hanno reso i pesci apatici. A parte alcune bellissime Sea Trout, le trote di mare che lì chiamano Corvina ma che sono assolutamente diverse dalle nostre, piccoli Snapper e Barracuda fastidiosi, la sessione di pesca si è conclusa anzitempo, nonostante lo strike di un bel Tarpon a ridosso di una giungla di mangrovie che al primo salto ha sputato l’artificiale tirandosi dietro tutti i suoi compagni.

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Se poi aggiungiamo che la mia ragazza – rimasta nel frattempo sola sull’isola e colpita improvvisamente dal fuoco della paranoia, oltre che dal mal di mare – non vedendoci arrivare all’ora pattuita e ignorando totalmente quello che stavo passando (e i tentativi protratti di Alberto di cercare il posto giusto) – ha pensato bene di chiamare a 10 dollari al secondo per sapere quali erano le nostre reali intenzioni e se tornavamo per pranzo, la legge di Murphy ha trionfato e siamo rientrati in porto.

Fine del primo tempo.

along the way.jpgL’isola di Holbox si trova a nord ovest della punta estrema dello stato del Quintana Roo, in Messico, proprio in corrispondenza dell’incrocio delle correnti cariche di nutrimenti del Golfo del Messico e le acque cristalline del Mar dei Caraibi, a quattro ore da Cancun (tre e mezzo di autobus e mezz’ora di barca).

È separata dalla terraferma dalla laguna Yalhau, scura e poco profonda, che le fa prendere il nome, infatti Holbox (si pronuncia Holbosch) nella lingua Maya significa buco nero.

Lunga poco più di 30 chilometri, ma completamente disabitata all’infuori del piccolo pueblo di pescatori costituito da case basse e vie sabbiose, è un paradiso di mangovie, canali e spiagge irraggiungibili da terra, regno incontrastato dei coccodrilli, degli uccelli e delle tartarughe che qui vengono a deporre le uova.

Oltre che dei pesci, naturalmente.

Un’infinità di pinnuti sguazza nelle acque poco profonde che circondano l’isola: Tarpon, Snook, vari tipi di Carangidi e Snapper, Barracuda, qualche Permit e Bonefish d’estate, insomma c’è ne è davvero per tutti i gusti.

Dimmi che canna usi e ti dirò chi sei.

Come al solito, i posti migliori sono raggiungibili solo dalla barca e sono tenuti segreti, anche Tarpon Molix Release.jpgse da riva qualche chance di divertimento non mancherà di sicuro.

La mattina presto ci si può divertire dal pontile di legno situato sulla spiaggia a nord, quella dove si affacciano i molti alberghetti destinati ai pochi turisti che giungono fin qui alla ricerca di luoghi più autentici rispetto alle località famose dello Yucatan e del Quintana Roo.

A mosca o con leggere canne da spinning è facile incontrare piccoli Jack Crevalle e Blu Runner che inseguono la minutaglia, oltre qualche sporadico Barracuda distratto che si è fermato a riposare all’ombra dei piloni di legno.

Sul lato opposto, proprio lungo le banchine del porticciolo dove arrivano le lance che collegano l’isola alla terraferma, non è raro vedere rollare Tarpon di tutto rispetto, anche se prenderli è tutta altra storia, per via delle cime e degli ostacoli che si incontrano nell’acqua. Vale la pena fare qualche tentativo, soprattutto quando soffia il vento da nord.

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Sull’estremità occidentale dell’isola si trova Punta Cocos, la mecca del kitesurf, dove lanciando dalla spiaggia può succedere di tutto. Il mare qui è  profondo e la corrente sostenuta. Carangidi, Snook e Trote di mare, oltre agli immancabili Barracuda, sicuramente vi allieteranno nelle giornate in cui non deciderete di uscire con la barca.

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Sul versante orientale, in corrispondenza del canale di Punta Mosquitos – ottimo spot raggiungibile solo con le golf car, come Punta Cocos del resto – inizia il dedalo di lagune e canali che si dipanano all’infinito come un labirinto verso il Mar dei Caraibi, e che sarebbe opportuno perlustrare per bene con la barca, tenendo presente che ci sono zone ancora inesplorate…

Inizio del secondo tempo.

Il vento soffia ancora intenso, Alberto vorrebbe portarmi su una secca lontana, a pescare carangidi di 20 chili a Popping, ma le condizioni meteo proprio non lo permettono, dobbiamo rimanere nei canali.

Oggi sarà una giornata lunga, l’ultima occasione per scattare qualche bella fotografia.

Non si sa quando rientreremo.

Partiamo presto, con la marea ancora bassa, e dopo quasi due ore di navigazione sottocosta doppiamo Cabo Catoche ed entriamo in un canale sconosciuto.

La barca tocca continuamente sul fondo ma Alberto ed il suo capitano, Perfecto, sanno dove sono diretti. Il vento continua a spostarci sulle flat scoperte dalla bassa marea che interrompono continuamente il nostro cammino.

Shaman-PargoLa pertica affonda nel fango, e Alberto è costretto a calarsi in acqua fino alla vita per spingere la barca oltre quei bassifondi. Tutti quanti ci diamo da fare, sotto il sole cocente la voglia di pescare è troppo forte, e alla fine riusciamo a liberarci, siamo arrivati in un altro canale profondo.

Quello che è successo dopo è difficile da dimenticare, Alberto sapeva dove portarmi.

La constancia, la tenacidad y la paciencia al final siempre rinden buenos frutos” mi ha detto ancora bagnato dopo il primo snook che ho preso a galla con un piccolo artificiale.

La costanza, la tenacia e la pazienza alla fine rendono sempre buoni frutti.

È vero, anche in un posto come questo. Non basta ritrovarsi ai Tropici per pescare dappertutto.

Tarpon-Secreto

Quel canale era pieno zeppo di pesci, ma raggiungerlo non era stato affatto facile. Alberto avrebbe potuto benissimo portarmi in una zona più agevole, ma aveva capito benissimo quanto fosse importante per me quella giornata.

Lui non poteva rischiare di fare una brutta figura e io non potevo perdere quell’ultima occasione rimasta.

Quasi ad ogni lancio succedeva qualcosa, ed io mi sentivo il pescatore più felice del mondo.

Per una volta è andato tutto per il verso giusto.

Ora posso tornare sulla spiaggia, riporre l’attrezzatura e dedicarmi completamente alla mia ragazza.

Grazie Alberto, Que Viva Mexico!!!

Nino Playa.jpg

 

Per contattare Alberto albertomorteo@hotmail.com

www.actiweb.es/puestadelsol/index.html

 

 

 

 

L’Isola di Albertoultima modifica: 2011-12-13T20:32:00+01:00da mambomarco
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