Ritorno a Cayo Santa Maria – CUBA

 Cuba – Dicembre 2015

 Mangrove-Channel2

 

La prima volta che sono arrivato da queste parti avevo 23 anni e non conoscevo lo spagnolo.

In quegli anni Internet muoveva i suoi primi passi, e la ricerca di informazioni e report in rete era qualcosa di veramente lontano dalla normalità alla quale siamo abituati oggi, tanto che la gente si domandava ancora cosa significassero le tre lettere www seguite da un . e  della @ non gliene importava di niente a nessuno.

Stavo leggendo di questo fantomatico ecosistema sulla guida che mi ritrovai a sfogliare alla stazione degli autobus di Santa Clara. In tasca avevo già un biglietto per Santiago de Cuba comprato per la sera dello stesso giorno, quando all’improvviso, durante l’attesa, sentì nascere dentro di me il desiderio di mettere tutto in discussione e di intraprendere una nuova avventura, con una canna da spinning al seguito e un grappolo di artificiali pensati per la spigola nel Mediterraneo.

La voglia di esplorazione era più grande della paura che provavo in quel momento.

Drivingonthesea

Era il mio primo viaggio a Cuba, ero solo, e fui irrimediabilmente colpito dalla storia di quel terrapieno costruito in mezzo al mare, la famigerata strada lunga 50 chilometri che unisce Caibarien – nella provincia di Santa Clara – a Cayo Santa Maria per l’appunto- l’ultima isola dell’arcipelago de Sabana, costa nord di Cuba. All’epoca la strada  si interrompeva poco dopo Las Brujas, un’altra piccola isola al km 38…tanto che per raggiungere l’estremità di Santa Maria e ritrovarsi sulla spiaggia deserta e il mare aperto, l’unico modo per arrivare era quello di provare e rischiare di perdersi in piste sterrate aperte tra la vegetazione e l’acqua, senza indicazioni, e fare i conti con nuvole di mosquitos pronti ad azzannare qualsiasi essere vivente si trovasse nelle vicinanze.

Esistevano un paio di alberghi in tutto, e un piccolo aeroporto, dove non atterrava alcun aereo ma che in compenso era dotato di una graziosa caffetteria dove si potevano trovare musicassette di Bolero a buon prezzo; c’erano pochissime persone in giro e i cubani senza regolare permesso non ci potevano nemmeno stare, su quella strada, nonostante fosse casa loro, e neppure gli stranieri sprovvisti di passaporto, che venivano controllati dai militari al regolare posto di blocco con tanto di tassa di passaggio che esiste ancora oggi, da come ho potuto constatare arrivando.

Ho continuato a domandarmi per anni le ragioni alla base di quest’opera faraonica (che tuttavia è in corso e nel progetto finale dovrebbe arrivare fino a Cayo Guillermo), ma solo alla fine dell’anno scorso, quando ho avuto la fortuna di ritornarci e di anni ne avevo 37, ho compreso realmente il perché di tutta questa apparentemente inutile e dispendiosa esagerazione, con tutti i problemi che c’erano e che ci sono ancora sull’isola.

Riflettevo già allora che di certo tutto ciò non era stato pensato né progettato per favorire semplici pescatori alla ricerca di emozioni forti, i quali, a ben vedere, grazie a questa colata di asfalto galleggiante e ai 50 ponti che la attraversano – generando correnti di masse d’acqua che concentrano i nutrimenti scatenando l’ira dei predatori – hanno di che sbizzarrirsi se vogliono tentare il colpaccio senza noleggiare una barca e spendere troppi soldi.

Nel frattempo è successo che la Rivoluzione ha fatto i conti col tempo, che è passato troppo in fretta, e oggi appare alquanto sbiadita nella memoria della gente, soprattutto tra i più giovani, e ora è già tutto pronto, o quasi, per il ritorno degli yankee.

Gli alberghi attualmente sono 12 (alcuni enormi), più svariati cantieri in corso disseminati un po’ dappertutto, come si può evincere dalle file di gru che si stagliano dalle mangrovie all’orizzonte.

È stato addirittura costruito un delfinario, e la strada in mezzo al mare è un via vai di lavoratori e turisti che fanno su e giù per la carretera giorno e notte con mezzi rumorosi di ogni tipo.

La caffetteria dell’aeroporto, che per il momento ha voli regolari da e per il Canada, oltre che per L’Avana, non vende più musicassette a buon prezzo come una volta.

Puente41

C’è da stare attenti, se si pesca dai ponti, soprattutto quando passano le corriere cariche di operai che sfrecciano a gran velocità facendo vibrare le fondamenta delle strutture erose dalla salsedine, e che quotidianamente trasportano los trabajadores dalla terraferma fin qui, per continuare a costruire ad oltranza.

Prima di partire ho cercato di reperire il maggior numero di informazioni aggiornate, ma se si escludono alcuni report in inglese e un paio di dritte dei miei informatori sul campo, quello che posso dire al momento è che nessuno ha la certezza che si possa o meno, oggi,  pescare dai ponti, mentre so per certo che l’unica organizzazione che ha i diritti di pesca in tutto l’arcipelago, e una flotta di barche attrezzate alla marina di Cayo Las Brujas, permette solo di pescare a mosca, se si esclude un’altra barca molto grande per la traina.

In pratica, se voglio pescare a spinning a Cayo Santa Maria, non so se lo posso fare.

C’è chi dice che è un parco e che la pesca è vietata, chi dice che dalle spiagge si può fare, non resta altro che andare e vedere con i propri occhi e fregarsene di quello che si racconta nel magico mondo del world wide web

Ho soggiornato con la mia famiglia presso uno dei mega hotel all inclusive costruiti sulla spiaggia di Cayo Santa Maria, dove anni prima mi ero ritrovato a pescare da solo su chilometri di sabbia bianchissima, in compagnia di uno chauffeur ­- all’occorrenza fotografo – che mi accompagnò nell’esplorazione aiutandomi nell’impresa. Adesso, oltre agli alberghi, potrete trovare anche finti villaggi outlet con tanti tipi di ristoranti e attività di ogni genere. Peccato che al momento siano tutti vuoti. Ai turisti medi, per lo più canadesi, con il braccialetto todo incluido come quello che ho io, non gli conviene spendere i loro soldi fuori, hanno già pagato tutto prima di arrivare.

Quando mi hanno allacciato al polso il lasciapassare viola del mio resort, per avere libero accesso ai vari bar e ristoranti del complesso, un brivido di sensazioni contrastanti ha pervaso la mia coscienza, già provata dai 400 chilometri di strade cubane e il ricordo di una vita passata quando, anche io, vivevo in un villaggio.

E pensare che quella volta, tanti anni prima, anche solo l’acqua era impossibile da trovare su quella spiaggia infinita; l’unico posto dove rifornirsi dell’occorrente era la maledetta caffetteria dell’aeroporto di Las Brujas a chilometri di mangrovie e mosquitos di distanza, mentre ora servono per tutto il giorno centinaia di Mojitos e Cubalibre  a basso costo alla moltitudine di turisti nordamericani ubriachi in infradito, che con quel mare a disposizione preferiscono trascorrere le loro vacanze a bere a bordo piscina, aspettando la cena per iniziare di nuovo tutto da capo.

Ma veniamo alla pesca: come al solito, nella migliore tradizione delle avventure che si rispetti, gli unici 2 giorni che avevo a disposizione non lasciavano nulla di buono da presagire, a causa del frente frio che in quel periodo aveva portato inaspettatamente una brutta perturbazione  in zona, con vento teso, pioggia, fulmini e mare molto agitato.

Ciononostante, dopo aver parcheggiato i miei in spiaggia, ho lasciato definitivamente le comodità sopraggiunte nel frattempo ed ho iniziato a prepararmi sul serio a quello che avrei fatto di lì a breve.

Aiutato dai ricordi e dalle mappe scaricate illegalmente da Google Earth, ho trascorso i due giorni successivi, e le relative albe e tramonti, scorrazzando con l’auto noleggiata per tutto l’arcipelago, intervallando la pesca dai ponti a quella in spiaggia dopo una siesta e viceversa.

IMG_3344

La prima alba ho deciso di andare a battere i ponti nei pressi del delfinario, (ponti 38-39-41) lanciando senza risultati una miriade di artificiali di tutte le forme e colori che mi ero portato appresso.

Quello che mi ha colpito di più, a parte il mal tempo, è stato non vedere praticamente il minimo movimento in acqua. Ricordavo che un tempo, i canali sotto i ponti fossero infestati di barracuda di ogni dimensione, e che quasi ad ogni lancio accadeva qualcosa , ma questa volta il nulla, anche se la marea era buona e la corrente sostenuta.

Mi sono spostato e solo a metà mattina ho preso un bel barracuda al ponte numero 11, se si escludono piccoli carangidi interessati agli artificiali di minori dimensioni.

Barraponte11

Prima di pranzo, sulla strada del ritorno all’hotel, sono andato a perlustrare una spiaggia all’estremità occidentale di Cayo Santa Maria, sulla destra della  playa dell’Hotel Buenavista, e poco prima di andar via, in corrispondenza di una macchia scura di rocce sommerse, ho agganciato un bel Jack Crevalle con un long Jerk della Molix, il Jugulo 180 LC. Grazie alle sue doti di lancio, era uno dei pochi artificiali che si potevano gestire con il vento forte e il mare agitato, tra le altre cose infestato di alghe in sospensione che limitavano notevolmente l’azione di pesca.

Jack-playa

Il pomeriggio, dopo la siesta, ho ripreso la macchina e sono arrivato fino al ponte 9, il più grande e famoso di tutto il Cayo per la pesca del Tarpon. Appena arrivato, ho notato che dalla struttura partivano dei filaccioni calati in acqua, mi sono avvicinato, e con grande stupore ho constatato che, sotto una trave di cemento, tra l’asfalto e la struttura, c’erano 3 pescatori cubani che sentendomi arrivare, hanno creduto fossi un poliziotto e si erano nascosti cercando di sfuggire alla vista.

Ho così avuto il piacere di conoscere uno di loro, Alejandro, il quale si è lasciato andare solo dopo che, guardandomi bene, ha capito che ero solo un semplice pescatore estranero con una canna da pesca in mano.

Perché ti sei nascosto? Si può pescare dai ponti? Ho chiesto al mio nuovo amico…e lui mi ha risposto che i turisti possono fare quello che vogliono, e che nessuno li dirà mai nulla, perché portano i soldi, mentre per loro l’accesso al Cayo è concesso solo per ragioni lavorative, e che una volta è stato arrestato perché sorpreso a pescare sotto uno di questi ponti…

Puente-n.9

Mi ha spiegato anche che in quel periodo, i Tarpon si avvicinano sotto il ponte solo durante le ore notturne, attirati dai gamberi e da piccoli pesci trasportati dalla marea, e che il momento buono sarebbe arrivato di lì a poco, infatti, appena sopraggiunte le stelle, ho avuto il primo attacco di un Tarpon che si è sganciato al primo salto, e poco dopo un altro, che questa volta sono riuscito a non perdere, nonostante abbia fatto 5 salti indimenticabili nella luce della torcia, e che mi ha tenuto con il fiato sospeso per tutto il tempo. Grazie a due ragazzi siciliani che erano arrivati poco prima del tramonto, sono riuscito scendere al livello del mare e a portare a riva il pesce e fotografarlo.

Tarponpuente9

L’artificiale che si è rivelato più performante, pescando dal ponte numero 9, è stato l’HDM120 di X-Bait, dotato di paletta lunga, che ha aiutato non poco a tenere la corrente e a muovere da un’altezza considerevole.

Per me va bene così, fine del primo giorno.

L’alba seguente, sono tornato al Buenavista, estremità occidentale di Cayo Santa Maria.

Dalle mappe in mio possesso, e dall’analisi incrociata di queste con foto della zona vista dall’alto che ero riuscito a rimediare chissà dove, avevo notato una lunga striscia di roccia che si protendeva verso il mare, e che mi ispirava fiducia, anche perché il mare agitato rendeva pressocchè impossibile la pesca dalle spiagge mentre qui si creava una barriera naturale, che avrebbe potuto aiutarmi a manovrare gli artificiali in zone dove il moto ondoso risultasse più attenuato.

Airone-Spumeggiante

Credo di aver avuto una buona intuizione, e dopo essere riuscito ad arrivare fin quasi sulla punta – dopo una lunga passeggiata – nonostante continuassero ad arrivare ondate anomale, al terzo lancio qualcosa di brutale ha attaccato il solito Jugulo 180 LC e non si è più fermato, fino a quando ha doppiato il capo della penisola e ha schiantato il trecciato su una roccia. Credo fosse un Pargo, da come tirava.

Poi, poco dopo,  appena risistemato il tutto , essermi soffermato per qualche istante sull’ accaduto,  aver rifatto la montatura con il finale e scelto l’inganno, ho visto benissimo una Cubera di tutto rispetto che saliva in superficie attirata dall’imitazione di un piccolo Tarpon, il Molix WTD 150 T, che annaspava tra le onde cercando un’inutile salvezza, ma che ho perso di vista per sempre dopo frazioni di nanosecondi, travolto dalla sua furia in meno di due metri d’acqua.

Fine della storia, non ho più artificiali da sacrificare a portata di mano.

Torno in hotel, anche perché si sta avvicinando la tempesta perfetta e l’aria è carica di elettricità. Provo a fare qualche altro lancio dalla spiaggia ma il mare è sempre più agitato, e l’ennesimo acquazzone mi fa perdere definitivamente la pazienza.

Ultimo tramonto, dopo la siesta, si torna al ponte numero 9.

Lungo i 30 chilometri che separano gli hotel sulle spiagge di Cayo Santa Maria dal Canal de los Barcos, ovvero il canale più grande della zona che passa sotto il ponte numero 9, il regno ventoso del possibile che abita la mente di ogni pescatore, lancio dopo lancio, non ho resistito a fermarmi più di qualche volta lungo la strada, ma nulla di rilevante accadde,  tanto meno che valga la pena di raccontare.

IMG_3442

Perlomeno fino a quando, arrivato al posto giusto al momento giusto, finalmente la marea iniziò a montare, il cielo si aprì e tornaron le stelle, e dopo una violenta botta andata a vuoto nell’oscurità dell’ennesimo lancio, un altro tarpon, più piccolo di quello del giorno prima, si è scagliato contro il “dolce palettone” lasciato scorrere nella corrente, e ha piegato notevolmente la mia Skirm Travel facendomi correre nel buio per contrastarlo.

Osservo le squame del pesce riflesse dalla luce della torcia frontale, alzo gli occhi e guardo le miriadi di stelle che disegnano costellazioni che sembrano più vicine, e per un istante la tempesta si placa, e anche il vento.

È veramente buio, e il mio nuovo amico cubano, che nel frattempo si è addormentato, scompare mimetizzandosi con il ponte sotto il quale vive nascosto da giorni. Mi fermo a fumare una sigaretta, alzo lo sguardo al cielo e mi soffermo sulle tre stelle lontane, dritte e parallele in alto al mio sogno realizzato. Più le guardo, e più mi rendo conto di quanto brillino in quella notte così limpida. Sembra quasi si possano toccare.

Domani si parte e stasera ultima-cena-al-resort-todo-incluido con la famiglia, che alla fine non si sa come ma è ognuno di loro è riuscito a prendere la quantità di sole necessaria e sufficiente prima di tornare al freddo.

Naturalmente l’ultima alba sono tornato alla punta del giorno prima, riuscendo ad evitare, non posso spiegare come, una lunga passeggiata risparmiata passando per una scorciatoia segreta.

Mare sempre molto agitato, ho iniziato con dei grossi popper quando era ancora buio pesto, ma senza risultati. Quel giorno il mare sembrava vuoto.

Mar de leva, mare di fondo non è buono per la pesca, mi hanno detto due cubani che sono arrivati e si sono messi a pescare anche loro, ma con delle lenze a mano.

Jackbuenavista2

Quando ha iniziato a fare luce, sull’orlo della disperazione, la forza della determinazione mi ha portato a montare un WTD 110 e a lanciarlo tra le onde cercando di fare un po’ di rumore, e all’improvviso è uscito un bellissimo Jack Crevalle che dopo un inseguimento e un attacco andato a vuoto, ha ingoiato tutto l’artificiale partendo a razzo, e mi ha costretto ad un balletto di salti sulle rocce scivolose  e tra le onde che arrivavano impetuose, per cercare di non perderlo. Quando ho temuto che fosse arrivata la fine, e che il trecciato si sarebbe schiantato di lì a poco sulla solita roccia appuntita messa lì per caso, il pesce è tornato indietro e alla fine si è arreso.

È un magnifico pesce lottatore, il Jack, ma anche questa volta la Cubera ha vinto.

Si è fatto tardi e dobbiamo andar via.

Sulla strada per l’Avana, sotto l’ennesimo acquazzone tropicale, l’autopista di notte e tutto il resto, continuo a pensare seriamente a quel pesce rosso e prepotente che inizia proprio a darmi sui nervi.

Bisogna correre ai ripari al più presto.

Bueno Cuba, hasta la vuelta, entonces!

 

Testo e foto di Marco Tortora

© 2016 Vietata ogni forma di riproduzione

Tarpon-9

Ritorno a Cayo Santa Maria – CUBAultima modifica: 2016-02-15T17:09:12+01:00da mambomarco
Reposta per primo quest’articolo